Buone notizie da uno studio sul cobalto
L’esposizione prolungata al cobalto non aumenta il rischio di tumore per i lavoratori di Seco e altre aziende del gruppo Sandvik. Sono questi i risultati di un ampio studio scientiico pubblicato nel numero di dicembre della rivista Journal of Occupational and Environmental Medicine.UNO STUDIO INTERNAZIONALE che ha riguardato più di 32.000 soggetti in cinque paesi ed esteso su vari decenni ha dimostrato che l’esposizione prolungata al cobalto, utilizzato principalmente nell’industria del metallo duro, non aumenta il rischio di tumore ai polmoni.
“Alcuni studi più ristretti avevano indicato in precedenza un aumento del rischio di tumore”, spiega il professor Håkan Westberg del dipartimento di medicina del lavoro e ambientale presso l’università di Örebro e uno dei ricercatori che ha curato la parte svedese del nuovo studio. “In quegli studi mancavano però alcuni parametri essenziali come l’esposizione in base alle concentrazioni di cobalto nell’aria nel corso del tempo e le abitudini tabagiste.”
Le concentrazioni di cobalto nell’aria sono diminuite significativamente nel corso del tempo. Oggi tutte le aziende svedesi che hanno partecipato allo studio hanno in genere livelli ben al di sotto dei limiti previsti.
“Quindi, come possiamo utilizzare i risultati di questo test “negativo”?”, si domanda Westberg. “Abbiamo iniziato esaminando il campione statistico con la maggiore esposizione, ma non abbiamo rilevato alcun eccesso di rischio. Partendo da questo risultato, abbiamo calcolato le concentrazioni approssimative di cobalto nell’aria a cui si può essere esposti durante la vita professionale senza il rischio di contrarre il tumore ai polmoni. I livelli attuali di esposizione nelle aziende svedesi che hanno partecipato allo studio sono entro o al di sotto del limite calcolato.” Tuttavia, Westberg aggiunge che è importante continuare a monitorare i livelli di esposizione così come proseguire con la prevenzione ed essere pronti a prevenire l’insorgere di altre patologie connesse al cobalto.
Seco valuta molto positivamente questo studio. La coordinatrice globale per le questioni ambientali Maria Blomqvist spiega: “Seco è un’azienda che si affida ai fatti. Vogliamo mappare la situazione reale, in modo da poter rispondere coerentemente”.
Sono ormai vari decenni che lavoriamo per assicurare al nostro personale un ambiente di lavoro salubre e abbiamo adottato varie misure per ridurre l’esposizione a sostanze come il cobalto.
“Naturalmente siamo molto contenti di sapere che nessuno dei nostri addetti è professionalmente esposto al rischio di tumore o altre patologie”, dichiara Blomqvist.
In Svezia il limite legale per il cobalto è di 0,02 milligrammi per metro cubo (mg/m3). Seco ha un limite interno di 0,01 mg/m3 e si è posta l’obiettivo di ridurlo fino a 0,005 mg/m3.
“Abbiamo quasi centrato l’obiettivo”, afferma Blomqvist.
Westberg ritiene che a Seco vada riconosciuta buona parte del merito per lo svolgimento di questo studio. “Tutto è iniziato con il nostro desiderio di effettuare uno studio di medicina del lavoro a Fagersta”, racconta. “L’interesse è andato gradualmente aumentando all’interno di Sandvik e successivamente anche nell’ambito dell’ITIA (associazione industriale internazionale del tungsteno)”.

Scavare a fondo nel passato
LA COMPONENTE SVEDESE dello studio sul cobalto ha interessato 15.000 persone che hanno lavorato negli stabilimenti Sandvik di Fagersta, Gimo e Västberga a Stoccolma. I dati relativi al personale di Fagersta risalivano agli anni venti del secolo scorso, mentre per Gimo e Västberga agli anni quaranta. Le informazioni relative a nomi, numeri dei documenti di identità, periodo di impiego e occupazione sono stati messi in relazione con la mortalità e il registro dei tumori del ministero della salute e del welfare svedese. I risultati sono stati confrontati con il tasso di morbilità e mortalità della popolazione generale e della popolazione locale di Västmanland, Uppland e Stoccolma.
I ricercatori hanno esaminato anche il cosiddetto periodo di latenza, vale a dire il tempo che intercorre fra l’esposizione e il manifestarsi di una malattia, ed eliminato i casi di coloro che hanno contratto il tumore in tempi così brevi dopo l’esposizione da escludere il cobalto come una delle possibili cause. Hanno inoltre avuto accesso ai dati storici relativi alle misurazioni delle concentrazioni di cobalto nell’aria all’interno degli stabilimenti.
“Per quanto riguarda le abitudini tabagiste, è stato un po’ più difficile”, spiega il professor Håkan Westberg dell’università di Örebro, uno degli scienziati dello studio. “Abbiamo inviato un questionario sulle abitudini tabagiste ai soggetti del campione statistico ancora in vita, ed ai parenti di coloro che erano morti a partire dal 1991. Purtroppo abbiamo ricevuto poche risposte.”
I risultati dimostrano che sia una mortalità superiore che un accresciuto tasso complessivo di morbilità a causa di tumore, malattia cardiovascolare e malattia polmonare ostruttiva cronica sono strettamente correlati ai lavoratori a breve termine.
“La mortalità è stata significativamente superiore in tutto il campione statistico studiato, soprattutto per tumore ai polmoni e malattie cardiovascolari e respiratorie”, afferma Westberg. “I tassi superiori di mortalità erano strettamente correlati ai lavoratori a breve termine, vale a dire con un periodo di impiego inferiore a un anno. Per quanto riguarda il tumore ai polmoni, abbiamo notato una riduzione del rischio con l’aumento dell’esposizione, visto che il periodo di impiego è stato usato come misura dell’esposizione. L’uso di diversi criteri di esposizione basati sui dati delle misurazioni ha prodotto il medesimo andamento. In altre parole, rischi superiori in caso di bassi livelli di esposizione ma non per livelli alti.”
I risultati si basano su confronti con la popolazione generale e in questo caso le differenze, soprattutto per quanto riguarda le abitudini tabagiste, possono incidere sui risultati. Le indagini effettuate sul fumo non hanno evidenziato discrepanze significative fra le diverse occupazioni nell’arco temporale complessivo.
“Abbiamo quindi effettuato anche analisi che includevano un confronto fra la morbilità del tumore al polmone in diversi gruppi di esposizione all’interno del campione statistico esposto al cobalto. Siamo stati in grado di stabilire che l’aumento dell’esposizione non sembra comportare un aumento del rischio”, afferma Westberg.